In 1921, Italy organized their first Grand Prix, for which a 17.3-kilometre long triangular road course just south from Brescia was prepared. It became known as the Brescia-Montichiari track, consisting of two long straight roads comined with a third slight curved connection between both straights. It also clould serve as a scene for aeroplane. In the week of 4-11 september 1921, several races were held, such as one for Voiturettes, one for motorcycles and even one for aeroplanes. The Grand Prix on 11 september only sa six contestants; three Ballots and three Fiats. The race was won by Jules Goux in a 3.0-litre Ballot with Chassagne also in Ballot a fine second. Finally a win for Ballot, that were shod by Italian Pirelli tyres.









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L’Illustrazione Italiana, Vol. XLVIII, No. 37, 11 Settembre 1921
LA FESTA DELLA VELOCITA AL CIRCUITO DI BRESCIA.
Tutti corrono in questi giorni a Brescia e dintorni: le automobili in gara, quelle non in gara, le vetture a cavallo, i tram a vapore, i pedoni persino e, se permettete, gli aeroplani. A dispetto dei vecchi cartelli distribuiti nelle strade: «Adagio – curva pericolosa – a passo d’uomo – rallentare» tutte le macchine e ciascun essere fornito di energia, sviluppano la massima velocità, prodigano i più alti fragori: la legge della moderazione, i consigli della prudenza, il riguardo alle orecchie ed alla incolumità altrui, sono aboliti per la durata del circuito che ufficialmente è di una settimana, 4-11 settembre, mentre, dal punto di vista …. musicale, è cominciato sette giorni prima!! «Vigilia febbrile – crescendo tonante – l’alba del motore»: ecco le frasi che precedettero, sui quotidiani, la massima sonorità.
Per carità: non concentriamo la nostra esclusiva attenzione sulle sei macchine che il 4 scorso s’inseguirono pazzamente dalle 8 a mezzogiorno, tra Fascia d’Oro e Montichiari. Il quadro è quello, ma la cornice è ancor più pittoresca ed ha un valore persino …. politico. Sì, perché quando 150 000 persone accorrono da ogni parte dell’Alta Italia a rinforzare, sia pure per un giorno, la popolazione bresciana e passano una notte bianca, sotto le stelle – o gli sbotti di pioggerella, a far chiasso e ad occupare i migliori posti lungo i 17 chilometri della pista, quando tutta questa gaudiosa umanità si aduna in cospetto del Re e del Presidente del Consiglio, vuol dire che il Paese non sta poi malaccio, che sta ricuperando la sua brava serenità. Se fosse possibile procacciare una volta alla settimana un’attrattiva di sport del calibro 4 settembre, il patto di Roma sulla pacificazione sociale risulterebbe un fatto compiuto.
Nella notte fra il 3 e il 4 pareva proprio che sulla strada Brescia-Montichiari marciasse un pezzo d’Italia, ma d’Italia sana e forte. Non chiedetemi cifre. Se le automobili fossero cinquemila o diecimila, questo lo sa solo il Padre Eterno che tutto vede da lassù, mentre nessuno, giù, s’è assunto la mastodontica fatica di contarle: avrebbe dovuto piantarsi all’ingresso della pista alle ore 22 del 3 settembre e contare fino alle 10 del 4.
Le macchine d’ogni specie, d’ogni età, d’ogni proporzione erano tante e tali che ai loro passeggeri occorse sorbirsi un chilometro o due …. a piedi per arrivare alle tribune. Pareva d’esser tornati alle strade di guerra: i proiettori illuminavano a giorno i rettilinei, scoprendo dei fantastici oblunghi garages e i bersaglieri, i fanti, i carabinieri spuntavano ad ogni tratto e s’infittivano man mano che le strade si stringevano intorno alla brughiera su cui era plasmata la pista.
Gl’inviati dei giornali francesi hanno osservato che l’emporio delle automobili costituiva di per sé stesso una superba affermazione, una prova che in Italia si è ripreso a produrre con una gagliardia che la Francia ancora non conosce. Di più: i francesi hanno lodato il nostro circuito come il più organizzato del mondo e il meglio servito di pista. L’elogio va sopra tutto ad Arturo Mercanti.
* * *
Nessuno dormì durante la notte fra il 3 e il 4. Né i volontari dell’insonnia, né i rifugiati nelle camere: a quest’ultimi mille e mille motori cantarono la serenata degli scoppi, degli scappamenti. Gli ospiti dei letti meditavano se valeva proprio la pena di versare piccoli patrimoni nelle mani degli affittacamere …. Già: perché sembra, in Italia, indissociabile il concetto del grande avvenimento dal concetto del grosso conto. Non pochi, albergatori, trattori e osti, a Brescia, si son fatti l’idea che, essendo tra le mura della Leonessa, occorresse presentare dei conti leonini. Ma che importa? Nella notte dal 3 al 4 tutti vegliarono. Anche il principe di Conde non avrebbe dormito. E la notte non fu lunga. Novantanove su cento degli accorsi avevano da spiegarsi la formula dei tre litri, la curva parabolica, il perché del non intervento tedesco-anglo-americano. Guai quando i competenti spiegano: tra il loro linguaggio e quello dei profani s’interpongono Babele e il pudore. Chi osa confessare che non ha capito la formula dei tre litri quando già gl’iniziati l’hanno spiegata per i stampa ed a voce?
Il buon bevitore, mentre mirava e udiva l’alba del motore dal suo bivacco, non poteva non amaramente chiedersi: – Come va che con tre litri io casco a terra brillo e una macchina va a 150 chilometri all’ora?
– No – ribatteva il suo vicino che era un conducente d’automobile a spasso, ma a spasso senza macchina, essendo disoccupato:
– No, per tre litri s’intende la cubatura degli otto cilindri entro cui si sviluppa la miscela, la forza del motore. Una motocicletta può avere, per esempio, la cubatura di mezzo litro.
– E parlatemi adesso della curva iperbolica.
– Parabolica, volete dire. E una …. curva molto stretta che i concorrenti tentano di superare conciliando un massimo di velocità e un minimo di incolumità. E il punto più scabroso del circuito: è l’angolo più acuto del triangolo.
* * *
Chi non aveva mai assistito a un circuito, credeva di mirare una gara capace di sviluppare una crescente emozione. Invece la corsa per il Gran Premio d’Italia è sembrato un matrimonio di cui i migliori momenti sono i primi. Poi seguono i dispiaceri. Fidanzamento: i tre rossi – gl’italiani –, i tre bianchi – i francesi – conversano dieci minuti prima di scattare, sul più e sul meno davanti alle loro macchine allineate in ordine di partenza. Parentesi: due macchine francesi erano state spinte al loro posto, davanti alla tribuna reale, dopo l’arrivo del Re: ma si sa che una parigina ha detto: – Noi riusciamo insuperabili nel brio assumendo con grazia atteggiamenti che le provinciali direbbero sconvenienti.
Riprendiamo: i due gruppi di rivali conversano piacevolmente come il duello non li riguardasse. I sei piloti sembrano, per uno sguardo superficiale, affettato, ‚tutti uguali: figure snelle, facce rasate e cotte dal sole, espressioni piatte, indifferenti. Gente dal corpo forte e dal cervello così adattato al suo compito da sembrare l’organo essenziale della macchina.
Due minuti prima di partire, i sei auto, dalle forme di snelli rombi, tre rossi, –gl’italiani –, tre azzurri – i francesi –, ricevono il colpo di manovella. Gli equipaggi salgono a bordo. Il cronometrista, come un direttore d’orchestra, mentre con la sinistra regge il suo strumento di precisione, scande con la destra, a gesti esattamente ritmati, i secondi che mancano per dare il «via». Il novizio immagina che al «via» la macchina scappi come un …. turacciolo di spumante. Invece no.
Il pilota saluta con la mano, abbozza un sorriso e pare intraprenda una passeggiata.
* * *
Soltanto dopo il primo giro, il novizio riceve il brivido della velocità: quel brivido per provare il quale si è messo in cammino dai più svariati punti dell’Alta Italia. Un rombo s’avvicina, un bolide sfugge, un punto sparisce: ecco i 150 chilometri di Bordino, il più veloce della giornata. Quando Bordino supera Di Palma – italiano di nascita, americano d’adozione e francese per la macchina che porta – quando Bordino oltrepassa il detentore del record di velocità, il novantanove per cento della folla esulta. Quando i tre italiani infilano la curva parabolica con prodigi di destrezza e di rapidità, dando l’emozione di catastrofi miracolosamente evitate, il novantanove per cento della folla eleva i suoi gaudiosi clamori.
Contemporaneamente la vasta maggioranza non presta attenzione al meno brillante del sestetto, al francese Goux. Basterebbe scrivere Goux: si capisce che è francese. Ma no. Wagner è francese di nascita, ma corre su macchina italiana. Di Palma è italiano, ma corre su macchina francese. Dunque, soltanto i competenti guardano a Goux. La stragrande maggioranza se ne infischia: egli non è brillante. Lui passa e ripassa per trenta volte sempre con la stessa velocità, alla curva parabolica, frena e poi nel rettilineo riprende. Gli altri fan miracoli alla curva, slittano, mangiano le gomme e ogni tanto si fermano a cambiarle. La sostituzione degli pneumatici avviene con prodigiosa sveltezza, pare un giuoco di prestigio, ma intanto il pilota ha perduto un minuto.
Poiché Bordino è passato in testa, ormai si è sicuri della vittoria. La gente chiacchiera, va a dare l’assalto al ristorante, mira le belle signore e domanda:
– A che giro siamo? – Quindicesimo. – Oh, signore. Ne abbiamo altri quindici.
Si finisce stasera.
Non s’interessano della corsa che i possessori di cronometri, i pazienti calcolatori capaci di ricavare dalla danza dei minuti primi e secondi il senso della gara. Ma gli altri confondono, traverso il monotono inseguimento, i primi con gli ultimi, si abituano alle straordinarie velocità come fossero fenomeni normali e poiché non scorgono tra le sei auto raggruppamenti come nelle corse dei cavalli, dicono che, infine, anche un circuito automobilistico può strappare sbadigli.
Ma, a un certo punto, al gaietto chiacchierio della folla si sostituisce un silenzio penoso, il quale pare completi la pesantezza dell’afa immobile, impotente tra una voglia di sole e una voglia di pioggia. Gl’italiani, a furia di correre e correre a tutta forza, al massimo regime, a furia di sbalordire sulla curva parabolica, sono mal serviti dalle loro macchine. Bordino si ritira e non risponde a chi gli chiede il genere del guasto. Anche Sivocci si ritira. Resta Wagner, il quale ogni tanto cambia le ruote. Brillantissimi i piloti, ottime le macchine d’Italia, ma più furberia, più prudenza, più freddezza nei francesi i quali, a forza di combattere con i tedeschi, ne hanno assimilato alcune qualità. Il monotono Goux arriva, senza guai di sorta, ad acciuffare il Gran Premio. E il novantanove per cento degli spettatori ricava una morale:
– Quando noi italiani sapremo inquadrare i nostri tesori di lavoro, d’ingegno e di slancio, in forme più temperate e lungimiranti, saremo imbattibili.
Mancano ancora vari giri per raggiungere la cifra di trenta, ma l’esito è ormai deciso: per cui il Re si accomiata e la folla intraprende una gara per conto suo verso i mezzi di locomozione. Un momento. E l’aviazione?
Oh, povera aviazione! Si discuteva domenica scorsa se era stato un bene o un male a inserirla nell’automobilismo. Arturo Mercanti ha ragione di dire: – Per mostrarla a 150 000 persone occorreva approfittare di questa adunata automobilistica. Per i soli aeroplani non sarebbe accorsa tanta gente.
L’aeroplano è la macchina delle solitudini. Somiglia a quegli insigni scienziati che la folla non comprende e che alla folla, pur ammirandoli, non interessano. Visto da terra il velivolo non dà neppure il senso della velocità. Il pedone non immagina neanche una delle mille qualità di carattere e di tecnica del pilota. Ammira freddamente, dice: – Come farei volontieri un volo – e basta.
La gara, poi, chi la vide domenica? Gli aerei passavano a uno a uno, con intervalli, poi sparivano lontano. Pareva volassero per conto loro, per divertimento personale. E il pubblico non si curò di sapere chi aveva vinto e in base a quali condizioni il trionfatore aveva vinto e che cosa aveva vinto. Ebbe solo la sgradita notizia:
– Anche in aviazione il primo arrivato è un francese.
* * *
Questa cronaca ha una lacuna. Ne ha molte, anzi, ma una è imperdonabile perché la cronaca doveva dir subito che fra i piloti accorsi al circuito e sfilati con le rispettive macchine davanti al Re, è pure una signora, e una bella, giovane signora, tutta italianità negli occhi nerissimi, grandi, profondi, nell’espressione gentile e decisa insieme, nella figura slanciata, armoniosa. Domenica aveva le nere chiome imprigionate sotto il casco e la persona stretta nel vermiglio costume automobilistico. E la donna che fa elegante l’abito. Il sottoscritto che ha in orrore le interviste, ne inflisse, invece, una alla baronessa Maria Antonietta Avanzo Bellan che partecipa oggi, 11 settembre, alla corsa dei gentiluomini, pilotando una vetturetta. Riproduco botte e risposte:
– Da quanto tempo, ella, pilota automobili?
– Da due anni.
– Ha mai investito nessuno?
– Mai.
– E come si dedicò allo sport?
– Legga.
E mi mostrò una rivista, la quale stampa che la baronessa predilesse l’auto per obliare una delusione. E la preferenza per la divoratrice delle strade è tanto più lusinghiera in quanto la baronessa, come figlia di Venezia, ha dovuto certamente vincere il fascino dei motoscafi. Ma questi mezzi nautici son troppo lenti, mentre la baronessa ama le vertiginose velocità con le quali è arrivata vittoriosa in più gare e ancor più lauri avrebbe raccolto se alla corsa di Buix non le avessero sabotato il serbatoio della sua macchina, mediante un buco. Ma oggi la gentildonna, correndo tra gentiluomini, non avrà guai. Una rivista ha riassunto la sua bella attività in questa formula «la grazia alla conquista della gloria»: formula che domenica funzionò nella tribuna della stampa, da antidoto a quella astrusa dei tre litri.
* * *
Ancora un fante peregrinava innanzi alle tribune per gridare col megafono le ultime notizie sulla gara, che già l’esercito dei 150 000 famelici, impolverati e insonnoliti, si rovesciava su Brescia, traverso il vocìo di tutti i dialetti e la sfilata di veicoli su cui erano scritti nomi di città da Genova a Treviso ….
Come durante il ritorno dei prigionieri d’Austria dopo il 4 novembre 1918, i treni provinciali passavano, domenica scorsa, imbottiti di dentro e di fuori: gente sui tetti, sui respingenti e persino nella macchina, gomito a gomito con il fuochista. Un controllore lapalissiano osservava: – Si incassa meno quando c’è tanto concorso che nei giorni di vetture vuote.
Il ritorno, si sa, è carico di malumori. Gli spettatori delle tribune si scambiavano confidenze: – Era meglio ch’io stessi davanti alla curva parabolica.
– lo ho avuto il torto di mettermi nelle tribune centrali.
– A me è venuto il torcicollo. Le automobili andavano in un senso, gli aeroplani in un altro. Quando essi passavano contemporaneamente, mi voltavo a destra, intanto che avrei voluto guardare anche a sinistra.
* * *
Domenica sera Milano, Bergamo, Verona, Mantova, Parma rombavano di motori: tutte macchine provenienti da Brescia. E ciascuna città, ascoltando la propria porzione di musica, ha potuto farsi un’idea, moltiplicando al cubo, della diabolica sinfonia bresciana nella notte e nel pomeriggio del 4 settembre.
Come nell’andata, pure nel ritorno, sotto la sferza d’un temporale, ogni macchina tendeva a superare l’altra, in una ingordigia di primato che mai si saziava perché c’era sempre qualche rivale nuova da raggiungere. E le gare si svolgevano per le vie lombardo-venete-emiliane tra lo stupore dei paesani, la fatica dei carabinieri, delle guardie forestali e civiche, intenti a coprire i taccuini di cifre: i numeri delle vetture reduci dalla festa della velocità: – Oh, domani, – mormoravano gli agenti dell’ordine, – la festa ve la faremo noi!
OTELLO CAVARA.
Photos.
Pagina 291. Il Re, il presidente del Consiglio Bonomi, i ministri e le autorità sulla tribuna reale seguono le vicende della corsa. (Fot. Anselmo.)
Pagina 292. Goux, vincitore del Gran Premio d’Italia, fotografato subito dopo l’arrivo.
Le sei macchine concorrenti al Gran Premio d’Italia schierate per la partenza. (Fot. Anselmo.)
Pagina 293.
Maria Avanzo, unica donna partecipante al Gran Premio «Gentlemen».
L’aspetto delle tribune. (Fot. Anselmo) – Bordino attorniato dagli amici dopo il ritiro dalla corsa. – Al posto di rifornimento francese.
Pagina 294.
Bordino, che ha battuto il record orario compiendo un giro in 6’58″1/5
Chassagne, secondo arrivato nel Gran Premio. – Wagner, terzo nella classifica del Gran Premio.
Di Palma, il corridore italo-americano. – Rifornimento di benzina durante la corsa. (Fot. Anselmo.)
Il passaggio davanti alla tribuna reale.
L’Illustrazione Italiana è stampata su carta patinata della Ditta Ferdinando Dell‘ Orto di Milano.
Pagina 295. L’ingresso al Circuito. – Colazione in automobile. (Fot. Anselmo.)
Pagina 298 – 299.
AL CURCUITO AUTOMOBILISTICO ED AERO DI BRESCIA
L’interminabile corteo di automobili di strade che conducono al Circuito (Fot. Anselmo.)
I rifornimenti sul rettilineo d’arrivo. – Gli aeroplani pronti alla partenza al campo di Ghedi. – La tribuna della stampa di fianco al traguardo. (Fot. Anselmo.)
Lo sfilamento delle vetture concorrenti sulla curva parabolica. – Il vincitore Goux sull’ultimo traversa del rettilineo alla fine della corsa. – Il passaggio sulla curva parabolica.
Pagina 300.
IL GRAN PREMIO D’ITALIA A BRESCIA.
Wagner insegue i concorrenti dopo il rifornimento. – Chassagne passa la curva parabolica.
Urgente Pirelli Milano – Fr Brescia 205 87 5 050
JE SUIS HEUREUX DE VOUS INFORMER QUE LES PNEUS PIRELLI MONTÉS SUR MES VOITURES DE COURSE AU CIRCUIT DE BRESCIA 513 KM A 144 DE MOYENNE M’ONT DONNÉ LA PLUS ENTIÈRE SATISFACTION ET QUE MES VOITURES ONT FAIT TOUTE LA COURSE SANS CHANGER UN SEUL PNEU EN ARRIVANT 1 ET 2 ET EN BATTANT TOUS LES RECORDS DU MONDE STOP L’ETAT DES PNEUS A L’ARRIVÉE ME PERMET D’ESTIMER QUE MES VOITURES PEUVENT REFAIRE LA COURSE AVEC LES MÊMES PNEUS = BALLOT
Fac-simile del telegramma spedito alla Società Italiana Pirelli e C.
…. «Goux e Chassagne hanno compiuto per trenta volte il circuito con le sue poco numerose ma difficili curve; eppure, le gomme Pirelli sono ritornate intatte allo start» …. «Gazzetta dello Sport».
Sivocci dopo le tribune. – Goux, vincitore della corsa, stringe la mano al signor Ballot.





